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IL MITO INDOEUROPEO

 

Nonostante negli ultimi anni, anche all’interno della destra radicale, in molti siano stati sedotti dal pensiero politicamente corretto dell’antieuropeismo, noi continuiamo a credere nell’Europa Nazione. Tale scelta non deriva solo dal rispetto verso quei giovani camerati che hanno donato la propria vita nelle fiamme di Berlino ma anche dalla consapevolezza che, in un mondo globalizzato, continuare a difendere i vecchi nazionalismi sia quanto meno inutile e ridicolo. Già negli anni Settanta Adriano Romualdi lanciava strali contro le posizioni patriottarde di chi, così facendo, rinnegava nei fatti l’impronta europeista dei fascismi storici. Oggi, purtroppo, siamo tornati ancor più indietro.

Ma affinché il sogno europeo non rimanga uno sterile esercizio letterario è necessario trovarne un Mito fondatore, cioè un passato storico che serva da esempio per un progetto per l’avvenire, secondo la concezione sferica della storia descritta mirabilmente da Giorgio Locchi.

 

Come non pensare immediatamente agli Indoeuropei, cioè quelle ampie comunità di cacciatori che tra il quarto ed il terzo millennio a.C. migrarono in massa, occupando l’intero Vecchio Continente ed imponendo la propria visione del mondo? Celti, Veneti, Latini, Germani e tutti i popoli indoeuropei non avevano solamente una lingua comune ma erano anche portatori di una precisa Weltanschauung. Le loro società erano patriarcali, guerriere e gerarchiche, quanto di più lontano dall’attuale mondo femminilizzato e vittima del pensiero debole, in primis la pseudo ideologia gender.
Ecco perché riallacciarsi a quel passato così lontano non può che avere una duplice valenza, conservatrice e rivoluzionaria allo stesso modo. Conservatrice perché il ricordo delle nostre radici non può che spingerci ad un maggiore impegno nella lotta per la difesa della nostra identità. La battaglia per lo ius sanguinis è indispensabile per la sopravvivenza del popolo europeo, altrimenti vittima sacrificale degli stregoni alla Soros che impegnano ingenti risorse a favore dell’alluvione allogena degli ultimi anni. Ma è anche rivoluzionaria perché, come scriveva Nietzsche, "il futuro appartiene a chi ha la memoria più lunga". Come possiamo rinunciare al nostro glorioso passato di fondatori di Civiltà? Certamente i tempi sono bui e difficili e ridestare nel popolo europeo una coscienza faustiana e prometeica, che appartiene alla sua eredità ancestrale, è sicuramente impresa ardua. Però è anche vero che "dove maggiore è il pericolo, maggiore è la possibilità di salvezza" (Hölderlin). Può essere perciò che, alla fine, il tentativo di cancellare il popolo europeo con la massa di allogeni ottenga l’effetto opposto di quello desiderato. A noi il compito di operare affinché questo accada.

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